Vitaldo Conte, Dalmazio Frau, I misteri di Dioniso. Antico Futuro come Immaginario, Mistica ed Eros

«La Creazione Fantastica non significa necessariamente una evasione dalla realtà. Questa può costituire la possibilità di sperimentare e vedere qualcosa che potrà poi divenire realtà. Il campo del fantastico è talvolta anticipatore di futuro, anche quando il suo manifestarsi, visivo o simbolico, sembra una follia nel proprio tempo. Il suo significato può anticipare profeticamente una “scoperta”, anche interiore. Questa possibilità accende la visionarietà di artisti e scrittori che hanno usato e usano il Fantastico come linguaggio, facendolo diventare una narrazione immaginale: anche protendendosi verso il mondo virtuale o gli spazi dell’oltre.» (V. Conte, Dalmazio Frau, I misteri di Dioniso. Antico Futuro come Immaginario, Mistica ed Eros)

Arte e creazione, esperienza ed esistenza, nuovo e antico, passato e futuro, sono i punti salienti del testo di Vitaldo Conte e Dalmazio Frau, I misteri di Dioniso. Antico Futuro come Immaginario, Mistica ed Eros. L’autore tende a mettere ben in evidenza come e quanto l’odierna mercificazione dell’arte abbia ripercussioni negative sulla vita individuale e sociale dell’essere umano e, di conseguenza, postula la necessità di “riconquistare il percorso smarrito”, di tornare a dipingere un mondo all’altezza dei propri sogni.

Detto altrimenti, la denuncia e, al contempo, l’auspicio degli autori è che l’arte ritrovi la sua purezza primigenia, rinvigorisca la sua straordinaria capacità di creazione, riconquisti ed esprima la (sua) Bellezza.

Sono esempi di creazione artistica, e in quanto tale riguarda tanto il mondo esterno quanto l’universo interiore, anche il make-up e il tatuaggio. In particolare, quest’ultimo, innescando un percorso discensivo al e nel fondo di se stessi, offre una chiave di accesso per l’anima, di lettura dell’inconscio, inteso come forza naturale, ma anche come simbolo del sovrumano, del demoniaco e dello spirituale. Scrivono in proposito Conte e Frau:

«Il tatuaggio può essere l’ombra di un’esistenza. I “tatuaggi-ombra” diventano passaporti per l’anima, […] come le ombre, pur essendo strumenti astratti, cercando di definire le maschere e complessità del mondo invisibile e della creazione come ritorno all’Origine.»

Si parla allora di una sacralità dell’arte, la qual cosa non fa unicamente riferimento alla sfera religiosa, bensì anche (e, forse, soprattutto) alla forza dell’arte di agire sull’immaginazione sia degli artisti che degli spettatori.

Del resto, creare significa lasciare libero corso ai desideri, “viaggiare sulle ali del sogno” nella perfetta simbiosi di ratio e imaginatio, allontanarsi dalla sgradevolezza e durezza di questo mondo reale. Un modus vivendi, quello della creazione, che rende piacevole la vita, lenisce le ferite sanguinanti dell’anima e consente dantescamente di “riveder le stelle”.

Eppure, l’arte non è solo questo. Essendo sinonimo e possibilità di evasione, l’atto del creare, il fare arte è altresì equiparabile a un linguaggio fantastico che, andando oltre, trascendendo la realtà, apre nuovi scenari virtuali anticipando, addirittura, una “scoperta”. In un’intervista con Tommaso Romano, Vitaldo Conte riflette sul rapporto tra l’arte e la scrittura, non nascondendo le proprie perplessità:

«Mi sono domandato più volte come possa un linguaggio di scrittura verbale essere considerato, fino in fondo, rivelatore dell’essenza di una espressione d’arte: dalla più comprensibile alla più concettuale.»

Si affaccia qui una nuova dicotomia, i cui componenti sono la tradizione e l’avanguardia. Il richiamo è, perciò, al passato che, lungi dall’essere gettato nell’oblio, deve costituire una sorta di trampolino di lancio per il futuro: «Antico Futuro è un richiamo dell’origine per ritrovare la bellezza della vita come Arte Ultima».

Non la business art, che Conte e Frau demonizzano, non l’arte come mero (s)oggetto di fruizione, che isterilisce la creazione prima e la percezione poi dell’opera, ma l’Arte vera, pura, è una forza vitale, un impulso di gioia; è il senso stesso della vita, un’àncora il cui valore è duplice. Da un lato è katharsis, dall’altro è condivisione, espressione del meraviglioso e di pace. Vale la pena riportarne il concetto integralmente:

«Questo sarà dunque il nostro ambizioso fine: Combattere questa “guerra” a favore della Bellezza che ancora risiede, prigioniera e sovente misconosciuta, nella nostra vecchia Europa, nei borghi semidimenticati d’Italia e nelle sue città, per un’Arte viva e vitale che sia sintesi di “pace profonda” tra gli uomini e che non dimentichi il Divino, ed il Meraviglioso, senza essere soltanto vaniloquio né mercimonio, ma provi a salvare ancora ciò che merita essere salvato.»

È necessario, secondo la prospettiva degli autori (ben lungi dall’essere una voce isolata e fuori dal coro), impegnarsi affinché l’Italia torni ad essere ciò che è stata all’epoca del Botticelli e Leonardo da Vinci: la “culla della cultura”. Ad essere, ancora, il locus per eccellenza della Bellezza e dell’Arte, la sede di un patrimonio artistico d’inestimabile valore che deve essere difeso.

L’Arte è la chiave di volta per il futuro, un futuro eccezionalmente ricco di possibilità per le nuove generazioni, ma con una conditio sine qua non: la valorizzazione del suddetto patrimonio. Non solo, l’Arte è anche libertà e armonia, bellezza e bontà, monologo interiore che diventa dialogo con l’Altro, capace di suscitare emozioni intense, far nascere sentimenti, destare curiosità e interesse nel miasma strabiliante del mitico e del simbolico.

E poi, ancora, l’artista è colui che (in)segue il suo obiettivo, munito di coraggio e sempre a testa alta, un rivoluzionario non distruttivo, ma costruttivo, aspirante in un ritorno dell’antico, seppure rivolto all’avvenire:

«Non v’è Arte senza Tradizione né senza Origini, dunque non ci può essere una Tradizione senza Arte. […] qualunque Arte nel suo momento di più intenso fulgore si presenta come un’Avanguardia anche se si richiama al Passato che, non essendo mai morto, di fatto riverbera nella contemporaneità e nel tempo a venire.»

In definitiva, ciò che per Vitaldo Conte e Dalmazio Frau è assolutamente e primariamente necessario è di riconsiderare il settore artistico, comprendere che solo attraverso l’Arte si possono affrontare la vita e le peripezie. La creatività stessa è il sale della vita.

Dunque, non un espediente di fuga, ma un vero e proprio strumento di combattimento, una Rivoluzione Rivoluzionata (sposando in toto la causa degli inisti), che non può prescindere dalla conoscenza della tradizione, dell’antichità classica, dei luoghi che hanno fatto l’arte e far sì che «l’Antico Sogno d’un mondo migliore riporti così la vita dov’essa non era più, con iridescente Bellezza, Meraviglia e Amore».

©Antonietta Florio

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