Stefan Zweig, Lettera di una sconosciuta

«Ma credimi, nessuno ti ha amato con tutta l’abnegazione di una schiava, di un cane, come lo fece quell’essere che io ero allora e quale per te son sempre rimasta, perché nulla a questo mondo può eguagliare l’amore di una bambina che, di nascosto, si sprigiona dall’oscurità: esso infatti è così disperato, umile, sottomesso, attento e colmo di passione, come mai potrà esserlo quello di una donna adulta, che è pur sempre un amore mosso da bramosia e inconsciamente volto a chiedere qualcosa. Solo i bambini solitari possono tenersi stretta, tutta intera, la loro passione: gli altri disperdono il sentimento nelle chiacchiere, lo logorano con le confidenze; dell’amore hanno tanto sentito parlare, tanto ne hanno letto e sanno che è un destino comune.» (Stefan Zweig, Lettera di una sconosciuta)

Non soltanto un racconto sentimentale, non soltanto una lunga e struggente lettera d’amore. Lettera di una sconosciuta dello scrittore austriaco Stefan Zweig è la storia di un amore non corrisposto, ma la cui potenza, intensità e purezza si sono conservati integerrimi nel corso di quindici lunghissimi anni. È la storia di una donna, autrice sconosciuta – e che tale resterà, giacché non rivelerà mai la sua identità, non svelerà mai il suo nome – di una missiva fatta recapitare al romanziere R. tornato a Vienna nel giorno del suo genetliaco, dopo un periodo di assenza.

È la storia di una donna rimasta sola al mondo, in preda alla disperazione e allo smarrimento dopo la perdita di suo figlio. Ciononostante non perde la lucidità e decide così di sfogare tutto il suo dolore:

«ieri il mio bambino è morto – e adesso mi sei rimasto solo tu al mondo, solo tu che di me nulla sai, che in questo momento stai magari giocando ignaro o ti stai divertendo con cose e persone. Mi sei rimasto solo tu, tu che mai mi hai conosciuta e che io ho sempre amato.»

Poco più oltre aggiunge:

«A te solo voglio parlare, per la prima volta ti dirò tutto: dovrai conoscere tutta la mia vita, che è sempre stata la tua e di cui tu non hai mai saputo nulla.»

Un’esistenza, la sua, che comincia e finisce nel giorno in cui vede per la prima volta il famoso romanziere, nuovo inquilino del condominio in cui lei stessa abita. Un’esistenza che si compone per la maggior parte di ricordi, di un passato che non passa, di un presente terribilmente triste e solitario. Sofferenza che si aggiunge ad altrettanta sofferenza, esacerbandola e mettendo a nudo, nella lettera, come e quanto il suo cuore sia un teatro di lotte buie e profonde, per parafrasare una frase di Giuliano l’Apostata.

Intensa e struggente, la lettera di questa sconosciuta non ha lo scopo di colpevolizzare, ma più semplicemente e profondamente è la testimonianza di un sentimento mai sopito. Non si tratta di cercare la vittima e il colpevole, ma vi si scopre l’essenza dell’amore. Quello vero. Un amore che la distanza fisica, geografica e temporale non ha cancellato, ma che ha accresciuto e reso più ardente. Un amore che ha conosciuto solo pochi momenti, ma se per l’uomo non significano nulla, per la donna sono indelebili:

«In quell’ultimo giorno sentii con improvvisa determinazione che non avrei potuto vivere lontano da te. La mia unica salvezza eri tu.»

Se lui ha vissuto e goduto ogni singolo istante («perché tu ami solo ciò che è leggero, giocoso, senza peso, perché hai paura di lasciarti coinvolgere in un destino»), lei si è barricata nella sua solitudine e nel suo tormento («precipitai nel mio destino come in un abisso»). Ha trascorso i suoi giorni in attesa, senza mai lamentarsene, senza mai perdere la pazienza e con un unico, intramontabile desiderio commisto alla speranza:

«sapevo chiaramente ciò che volevo: volevo incontrarti, ti cercavo, volevo che tu mi riconoscessi dopo tutti quegli anni di struggimento nell’ombra, volevo destare la tua attenzione, volevo che tu mi amassi.»

Sono pagine, dunque, in cui trapelano sentimenti, emozioni («il mondo intero esisteva esclusivamente nel rapporto che poteva avere con te»). Pagine in cui illusioni e delusioni di questa innamorata sconosciuta sono le stesse che almeno una volta nella vita tutti abbiamo provato: essere nulla per qualcuno che per noi è tutto. E lei è trasparente, invisibile addirittura, per colui che per lei è il sole, il faro, il centro dell’universo, il motore a partire dal quale e intorno al quale tutto ruota. è l’immagine in uno specchio destinata a svanire:

«Ma chi sei tu per me, tu che non mi hai mai, mai riconosciuta, che mi passi davanti come lungo uno specchio d’acqua, che mi calpesti come fossi una pietra, tu che te ne vai, e sempre te ne vai e mi lasci eternamente in attesa?»

Amore od ossessione? L’uno e l’altra contemporaneamente, sebbene l’uno prevalga sull’altra. Ma anche umiltà, abnegazione, dedizione, perseveranza e audacia. Il coraggio di una donna nella scelta di crescere un figlio da sola e che solo nel momento estremo, come ultimissimo gesto, decide di raccontarsi e raccontare tutta la verità.

© Antonietta Florio

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