Mauro Cosmai, Psicologia e sessuologia in libera uscita

«Leggere fra le righe è lo sforzo più produttivo, faticoso ma possibile. È presente infatti il “tranello” psicologico della rimozione; si tende a sottolineare quello che coincide e a rimuovere (alias allontanare dalla memoria) quello che più disturba o risulta sgradevole.» (M. Cosmai, Psicologia e sessuologia in libera uscita)

Non un saggio, non un manuale didattico, né un aforismario. Psicologia e sessuologia in libera uscita di Mauro Cosmai raccoglie ben 249 articoli editi su quotidiani a diffusione nazionale e su vari blog nell’arco di un quinquennio (2017-2022). In essi, lo psicoterapeuta e sessuologo conduce una serrata critica a bluff, stereotipi e dogmatismi e affronta tematiche sociali estremamente attuali che vanno inevitabilmente ad intaccare la sfera individuale, talvolta (o quasi sempre) condizionandola.

Oltre allo stile mordace, pungente e affilato che contraddistingue la penna di Cosmai, vi è un elemento che non può restare sottaciuto, ovvero il disincanto, l’amarezza che regna sul(lo) (s)fondo e che, ad una lettura attenta, non passa inosservata.

Ve n’è una traccia in almeno due questioni: la semplicità (questa sconosciuta), pressoché fuori moda, e l’amicizia che ha perso quasi del tutto il suo valore genuino e la sua autenticità, a partire dalla facilità con la quale il termine viene impiegato. Infatti:

«Nella società consumistica sono scarsi i presupposti per coltivare vere amicizie; la vita sociale può essere apparentemente ricca e altrettanto frenetica, con funzioni che scandiscono il disperato ma inconfessato bisogno e inconfessabile bisogno di non sentirsi soli.»

La frustrazione risiede proprio in questo: nel timore della solitudine che tuttavia s’ingrandisce a dismisura quando il contatto con l’Altro non è appagante («l’inferno sono gli altri» ha detto qualcuno) e il vuoto creatosi, in luogo di riempirsi, finisce per ingigantirlo, essendo i rapporti costruiti perlopiù in vista del soddisfacimento dei i propri bisogni narcisistici e per un proprio tornaconto personale (dura lex, sed lex, ma con le dovute eccezioni).

Subentrano qui, da una parte, il dualismo emotività-razionalità, che condiziona decisioni, scelte (ed errori); e dall’altra la triade concettuale di omologazione e conformismo che surclassano l’originalità del singolo individuo, non più «universo singolarizzato», unico e irriducibile ad altro, di etica diventata etichetta che funge da «polizza rassicurativa» e, last but not least, di libertà.

Che cos’è la libertà? Possiamo dirci davvero liberi? L’Autore asserisce che «la vita è l’unica cosa che gli umani veramente possiedono», per cui vengono al mondo senza una reale possibilità di scelta. Per dirla con Sartre, «non siamo liberi di essere liberi», perché una scelta è veramente libera se può essere diversa da quella che è.

Più semplicemente, nasciamo senza poter scegliere di nascere e, trovandoci nel mondo, l’unica libertà che abbiamo è quella di costruirci e di rinnovarci con i nostri atti, di scegliere e non di esser-scelti:

«Sono condannato a vivere sempre al di là della mia esistenza, al di là dei moventi e dei motivi del mio atto; sono condannato a essere libero.»

Esemplare in proposito è la messa in evidenza del distinguo tra la libertà individuale e la libertà di ruolo, laddove la preferenza dell’una rispetto all’altra ha implicazioni nefaste sul processo di inserimento prima e di accettazione poi nella società. Tali meccanismi agiscono in noi, determinando la cosiddetta psicosi di massa, i cui sintomi sono la nevrosi, l’insicurezza e la carenza di autostima, accompagnate da un forte senso di inadeguatezza (con sé stessi e poi con gli altri).

Ed è qui, una volta di più, che il fascino dell’omologazione seduce, accantonando e sbaragliando tutto ciò che è diverso; è qui che l’apparenza trionfa sull’essenza e il mondo diventa una farsa, un palcoscenico su cui – parafrasando Pirandello – si esibiscono molte maschere e pochi volti, questi ultimi preferendo l’alienazione (anche da sé stessi) e l’isolamento («sindrome da guardiano del faro»). Scrive Cosmai:

«Anche nelle società più civili la menzogna è alla base della grande recita del mondo; senza verità nascoste arduo raggiungere obiettivi previsti in quanto pure tutti gli altri nascondono.»

Insomma, questo è lo scenario disegnato e delineato in Psicologia e sessuologia in libera uscita. Questa è la pittura del mondo moderno, in cui dilagano sterilità e irrazionalità, in cui imperversa la noia creata dal lusso e dal benessere e in cui si è andata perdendosi quasi completamente la capacità di ascoltare il silenzio (divenuto un tabù della modernità), quale presupposto primario per un contatto puro e autentico con sé stessi, scardinando la superficialità e le (pseudo)certezze che marchiano la cultura odierna.

Il quesito finale – in linea con le posizioni del sociologo Franco Ferrarotti, è: fin dove si spingerà il progresso tecnico-scientifico? Saprà, la tecnoscienza, riconoscere e imporsi dei limiti?

© Antonietta Florio

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