Marco De Franchi, Il maestro dei sogni

«Ed è proprio la memoria a dirti che niente di quello che ti sta accadendo è possibile. […] Quest’uomo è il demone che hai creduto di aver strappato dalla faccia della terra. Tu gli hai sparato. Non solo per salvare la vita di un amico ma perché volevi cancellare quel sorriso brutale dal suo volto. Ucciderlo ti ha reso felice, ma ti ha fatto anche scoprire il lato nero della tua natura. […] «Tu non puoi giudicarmi» gli dici, senza guardarlo negli occhi. «Tu eri il male. E con il male non si scende mai a patti. Lo si cancella. Come ho fatto io con te.» Lui non risponde. Sembra riflettere sulle tue parole.» (M. De Franchi, Il maestro dei sogni)

Proprio quando Valentina Medici, il giovane commissario dello SCO (Servizio Centrale Operativo) sta per lasciare il lavoro, sua unica ragione e fonte di vita, perché non è in grado di far fronte a un dolore tanto forte quanto purtroppo irrimediabile («Sapeva che un momento simile sarebbe potuto arrivare. Si era preparata a uccidere. O a morire. I morti non hanno niente da perdere. E io sono già morta.»), proprio quando sta per riconsegnare il distintivo, una tale radicale svolta dovrà essere posticipata («Fu come mettere il piede su una carica esplosiva sepolta nel suo passato.»).

Sì, perché l’Europol ha bisogno di lei e la contatta per offrirle un incarico internazionale. Quale? Ricercare la donna che le ha rovinato la vita e fermare la Geenna, un’associazione di criminali pericolosissimi.

È così che Marco De Franchi ci introduce ne Il maestro dei sogni, un thriller psicologico che ci fa vedere il volto del Male, nudo e crudo e dunque senza ricorrere a metafore per rendere la pillola meno amara:

«Il male aveva germogliato più volte da quella terra sconfinata. E ora s’era fatto carne. Carne bruciata.»

Accettare o rifiutare l’incarico non è il dilemma di Valentina. O comunque, se lo rappresenta è solo perché ha paura. Paura di soffrire ancora, paura che quelle ferite, non cauterizzate né rimarginate, continuino a sanguinare copiosamente, paura che il passato torni e faccia più male:

«Valentina cadde indietro nel tempo. E finì proprio dove non voleva andare. Dove non voleva tornare.»

Una cosa però le pare chiara: occuparsi dell’indagine significa dare sfogo all’odio e finalmente placarlo. Anche se, “è difficile cercare l’alba dentro l’imbrunire”, canta qualcuno.

Ed eccola imbarcarsi per l’Aja; e noi partiamo con lei, perché ormai siamo affamati di curiosità, vogliamo capire, vogliamo addentrarci in questo bosco umbratile e misterioso, dove nulla è come sembra e le carte scoperte – o a malapena sollevate – emanano una luce fosca. Il sospetto dilaga, i dubbi aumentano e le certezze, poche o nulle, svaniscono.

La discesa negli abissi della follia e della violenza efferata di un assassino seriale, di nome Samael, contro il quale combattere è direttamente proporzionale all’altra battaglia del commissario, quella con i propri dèmoni.

In ciò è aiutata sia da François Castaldi, il capo della squadra, sia dallo psicoterapeuta. Entrambi la irretiscono nel passato, con la differenza però che il primo la riporta sempre nel presente, dandole la concreta possibilità di un nuovo inizio.

La logica e la deduzione della vita professionale si alternano alla dimensione prettamente intima e individuale, là dove il vis-à-vis con il Male – e con chi lo incarna – non è affatto scontato.

Suspense, colpi di scena e depistaggi vari, costruiti ad hoc dall’Autore, smontano le teorie del commissario, costringendola a cominciare tutto quanto daccapo fino all’incontro-scontro finale, il momento decisivo, tanto atteso e pure tanto temuto.

Buio, luce, e poi buio pesto, luce fortissima e poi di nuovo buio totale, un’intermittenza continua, che toglie il fiato e soffoca il respiro. Sono sogni o sono incubi? O forse nessuno dei due? (Occhio, eh!) Chi sogna? E chi li realizza i sogni? Quali sogni realizza? E a quale prezzo? Chi è il maestro che «ha incendiato di bellezza i miei sogni» e che si fa chiamare Samael o anche “Dio”? Ma è un dio buono o un diavolo? O è tutte le due cose? (Attenzione!)

«Samael […] probabilmente sfrutta il desiderio più profondo della sua vittima: tornare indietro, tornare al momento e al luogo in cui tutto è andato in frantumi. Tutti noi sogniamo di cancellare il passato e gli orrori che ha generato. Samael è un maestro dei sogni: lui può farlo. Può promettergli la tabula rasa delle sue paure e dei suoi incubi.»

Valentina non è sola in questa missione. Ad affiancarla, ad aiutarla nei momenti di maggior sconforto e a proteggerla c’è, anche stavolta, Fabio Costa, un poliziotto che ha conosciuto l’apice del successo, poi è precipitato nel baratro e adesso è «come un vecchio guerriero costretto a radunare le forze rimaste».

Protegge, ma ha bisogno di essere protetto; abbraccia, ma ha bisogno di essere abbracciato; comprende, ma ha bisogno lui di comprensione. Di affetto. Di un po’ d’amore. Ha bisogno, insomma, di qualcuno che lo tiri fuori dalla «fredda caverna che era diventata la sua vita».

Un giro di corsa nel dark web, una sosta in alcune ville psichiatriche da cui trasudano dolore, disperazione, solitudine, un’andata e ritorno da e verso l’Italia, un tuffo nella Storia (allorquando fu varata la legge Basaglia), una scorsa veloce ma profonda e attenta ai manuali di psichiatria per conoscere e meglio definire le sindromi che affliggono le vittime di Samael, e il ricorso alla Bibbia e a passi evangelici aiutano a diradare le ombre.

Il maestro dei sogni, a prescindere da quali sogni realizza e in che modo lo fa, corre sul filo che separa i “normali” – ma cos’è la normalità?, si chiedeva Alda Merini – dai “matti” – come li chiamava affettuosamente Mario Tobino.

Scevro di stilemi artificiosamente circonlocutivi e spazzando via qualsivoglia fantasticheria, eccezion fatta per qualche frangente o contesto situazionale, Marco De Franchi guarda in faccia – e costringe anche noi a farlo – il disagio di chi è affetto da una sindrome psichiatrica.

E lo fa ora immedesimandosi nel malato che, forse inconsciamente, assiste prima alla dispersione dei semi della logica e poi alla totale disintegrazione del suo universo. Un vero e proprio Big Bang della razionalità. E poi si cala nei panni di chi quel disagio lo vive dal di fuori: l’impotenza dei familiari che, ahimè, nulla possono, con buona pace di… eh no, leggete il libro… e non è mica detto che alla fine, dopo aver letto l’ultimissima parola dell’Autore dormiate sonni tranquilli!

Attenzione al maestro e attenzione ai sogni, dunque!

© Antonietta Florio

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