Andrea La Rovere, Incipit

«Mi sentivo come nel giardino dell’eden: all’improvviso ero parte di un tutto, una parte minuscola e insignificante, e tuttavia era come se fossi allo stesso tempo il centro assoluto di tutto l’universo.» (A. La Rovere, Incipit)

I quindici racconti che compongono Incipit di Andrea La Rovere sembrano tutti egualmente racchiusi e sospesi in una dimensione onirica che, tuttavia, non si astrae dalla realtà, spesso acerba e sempre contraddittoria e dalle molteplici sfumature.

In ognuno di questi racconti vivono protagonisti diversi, alle prese con le più diverse esperienze e che provano emozioni differenti, il tutto tenuto insieme dallo stile asciutto e spesso tagliente dell’Autore e dalla sua sensibilità che si percepisce distintamente in tre racconti narrati in prima persona, ovvero Incipit (che dà il titolo alla raccolta), Ossessione e La donna che era diventata un’antenna, che suggella il testo.

Le storie raccontate, frammenti di vita complicata, hanno tutte in sottofondo la musica, il cui ritmo è andante nelle parti in cui l’indagine autoriale, psicologica e narrativa, segue i pensieri dei personaggi, per poi subire un brusco cambiamento quando gli eventi che essi vivono rasentano l’incubo, entrando di diritto nella dimensione del thriller e dell’horror.

E allora alla musica si accompagna la letteratura, da Il Giovane Holden a David Copperfield che il protagonista del racconto summenzionato – Incipit – ossessionato da un lavoro di scrittura che non progredisce, lascia materializzare:

«Mi sembrava piuttosto preoccupante che personaggi della letteratura, seppure della migliore letteratura, iniziassero a prendere vita e venissero a visitarmi a tutte le ore del giorno e della notte. Mi rassicurava in parte il fatto che avessi ben chiaro che si trattava di allucinazioni indotte dai miei nervi in subbuglio.»

Quel chiodo fisso di un romanzo che purtroppo “non s’adda fare” fa ammalare l’Io narrativo che, preda del delirium tremens, non riesce più a distinguere la fantasia dalla realtà e il subbuglio dei nervi con una spaventosa alterazione delle percezioni diventa un vero e proprio caos esistenziale al grido inascoltato del “si salvi chi può”. A questo scrittore ossessionato dall’incipit fa da contraltare la donna ossessionata dal Revolver.

Altra peculiarità dei racconti è la continua sorpresa che essi celano e che l’Autore disvela a sangue freddo. È il caso, ad esempio, di Un lavoro come un altro, che sprona, inoltre, ad una riflessione su temi e problematiche di attualità: il contrasto tra ricchi e poveri e l’uso e abuso della ricchezza, in cui non tutto è come sembra e l’evidenza non è che un parziale (e anche illusorio) frammento di verità. Occhio anche alle auto (ai modelli, in particolare), anch’esse in certo qual modo protagoniste, al pari della musica.

Altrettanto taglienti e ad effetto sono La finta di Garrincha e Tre giri di briscola, due racconti che affrontano due tematiche completamente diverse, con punti di vista profondamente opposti. Il primo, infatti, ha per oggetto un femminicidio e chi narra è un uomo-padrone inconsapevole di essere ciò che è realmente fino a quando non accade l’impensabile.

L’altro, per converso, affronta la tematica dell’omofobia, i cui risvolti sono tanto sorprendenti, quanto instillati di amarezza. Notevole è anche il racconto Un giorno fortunato, dove la protagonista – Maria – sicura e piena dì sé si trova a vivere una circostanza piuttosto sgradevole che ha a che fare con il suo datore di lavoro.

È la società, la nostra società, quella che appare descritta in Incipit, in cui Andrea La Rovere senza un’intenzione moraleggiante, né di critica (perché, come evidenziano taluni racconti, molto spesso chi critica è colui che in realtà compie per primo azioni poco meritevoli di lode), ha il solo intento di mettere nero su bianco, una volta di più, quanto ci sia ancora da fare per riuscire ad avere un mondo più bello, quanto si è ancora lontani dal raggiungere la Bellezza tanto decantata e amata dagli Antichi Greci.

Non è, dunque, una scrittura che coccola, non sono racconti che confortano. Incipit restituisce la realtà, la nostra realtà, proteiforme, spietata abbrutita e, forse proprio per questo, fragile e precaria.

© Antonietta Florio

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