Eugenio Giannì, La Mail Art tra Futurismo e Inismo

«Ma è anche la nazione [la Germania] dove gli artisti hanno espresso il loro progetto di libertà. […] Poiché non determinati, ma liberi, i mailartisti hanno contribuito – grazie alla loro operosità – allo sviluppo della comunicazione. In questa è infatti riflessa la loro immagine, il desiderio di vincere le dislocazioni spaziali e temporali mediante la produzione di un’arte che pone il soggetto in rapporto con gli altri. Né è possibile separarsi dal pensiero e dal sentimento mentre sono in vita. Il loro desiderio di libertà è di conciliare il razionale e l’irrazionale, la trasgressione e il proibito, il caos e l’ordine, il tutto e il niente. Il loro è un fine di amicizia, poiché ciò che si desidera è la fusione dell’uno con l’altro. Guidati da tale entusiasmo, i mailartisti s’immergono nel processo della comunicazione per soddisfare l’arte e la vita.» (E. Giannì, La Mail Art tra Futurismo e Inismo)

Erede del Dadaismo e della Fluxus Art (il cui motto è “la vita è arte”), a metà strada tra il Futurismo e l’Inismo, la Mail Art è un movimento versatile, che accoglie al suo interno innumerevoli artisti, accomunati dall’intento di fare dell’arte una vera e propria forma di godimento. In quanto tale, le caratteristiche che la contraddistinguono sono: la libertà, il senso del piacere, l’assenza di dottrine e sistemi precostituiti, l’intersecazione di vari campi operativi.

Ingredienti sicuramente nobili e dignitosi, ma sui quali troneggia la volontà di separare l’arte dal mercato e far sì che essa si faccia promotrice dei rapporti sociali tra gli esseri umani. Per questo, la Mail Art è da considerarsi quale «avvenimento individuale e collettivo, un’attività di protesta e di denuncia». Di conseguenza, il linguaggio “creativo” diventa un prezioso veicolo di indagine, di espressione e di conoscenza della realtà, un moyen de communication indispensabile per forgiare una nuova immagine del mondo.

Siffatta ricostruzione – asserisce Eugenio Giannì nel volume La Mail Art tra Futurismo e Inismo – ha i suoi antecedenti di scopi e di metodi nel Futurismo di Filippo Tommasi Marinetti. Questi, al principio del Novecento, ravvisando la minaccia allora incombente sul settore artistico, di essere risucchiato nel vortice delle attività imprenditoriali, ha avviato un progetto di innovazione e di ricerca, attraverso il piacere della sperimentazione, in nome non tanto del superamento, quanto piuttosto della negazione del passato.

Onde ne deriva la produzione di una grosse mole di opere multiformi, la rivitalizzazione di teorie e pratiche di movimenti che, a loro volta, necessitano di una nuova linfa vitale e pervenire così alla «Ricostruzione Futurista dell’Universo». Per questa via, la Mail Art considera l’opera come strumento di comunicazione e «testimonianza storica d’ineguagliabile valore».

Ray Johnson definisce la Mail Art, della quale peraltro ne è il fondatore, come

«un modo consapevole di produrre arte al di fuori dei principali canali al fine di uscire dall’angusto luogo del museo e di fruire di una più ampia determinazione sia nei riguardi della tradizione artistica sia dei rapporti sociali in generale.»

Non solo libertà e superamento delle distanze geografiche e culturali, la creazione artistica – per Johnson – conserva e instaura relazioni, anche casuali, con la realtà.

Dall’America all’Europa, «come una meteora», il processo di sviluppo e di affermazione della Mail Art, che accoglie una quantità sempre crescente di artisti, talvolta a discapito della qualità, ha un unico denominatore comune, sintetizzato da Ed F. Higgins in questi termini:

«Naturalmente la “Mail Art” è di per sé molto affine all’idea di dada. Ma il nome non è così importante. Il vero centro della questione è la comunicazione di un effettivo lavoro artistico fra artista e artista. Le possibilità di quanto sta accadendo da un campo all’altro del globo sono MAGNIFICHE!!»

Effettivamente, l’arte postale, non essendo un prodotto commerciale, crea contatti, facilita la comprensione e “promuove l’arte viva”. Esemplare è l’opera dell’artista jugoslavo Miroljub Todorovic, innestata per l’appunto sull’effetto comunicativo, sul concetto di arte come fattore di mediazione, una forma di Communication Art, giacché il mondo è intriso di segnali, riti e simboli passibili di spiegazioni e d’integrazione nella vita quotidiana.

A discapito della molteplicità degli -ismi che si sono succeduti nell’alveo della storia dell’arte (Spiegelmismo, Neoismo, Plagiarismo, etc.), gli artisti vanno affermandosi come filantropi, il cui benessere consiste nella libertà di scambio dei prodotti creativi.

Partendo dal presupposto che il mercato inaridisce la creatività, anche i mailartisti italiani si muovono nelle medesima direzione. In Mail Art contro tutti, Vittore Baroni afferma che

«Mail Art non vuol dire oggetti che viaggiano per posta, bensì artisti che stabiliscono contatti diretti con altri artisti, condividendo idee ed esperienze, in ogni parte del mondo.»

Il principio di fondo, dunque, si catalizza sull’energia della creatività artistica, che si esula dall’aspetto meramente economico in modo da recuperare la purezza del fare arte, e nella cooperazione internazionale, al fine di fare della Mail Art una manifestazione artistica diversa dalle altre, la cui aspirazione è di rendere il mondo più vero e umano (Daniel Daligand).

Monetizzazione e Mail Art sono elementi che non appartengono a un unico sistema, pena il crollo “dell’impalcatura della filosofia mail”. L’arte postale è libera e aperta; è

«un mondo nuovo e consapevole di produrre arte al di fuori dei principali canali al fine di uscire dall’angusto luogo del museo e di fruire di una più ampia determinazione sia nei riguardi della tradizione artistica sia dei rapporti sociali in generale»

Libertà e apertura, innovazione e creazione infinitesimale sono i tratti distintivi dell’INIsmo, il movimento d’avanguardia fondato il 3 gennaio 1980 al Café de Flore di Parigi da Gabriel-Aldo Bertozzi. Superare l’avanguardia («noi, con voi, andremo oltre») è l’atteggiamento di partenza, che porta con sé un nuovo di pensare la cultura sia artistica, sia letteraria.

L’INIsmo sorge dalle ceneri del linguaggio, dal divorzio di Bertozzi dal Lettrismo di Isidore Isou. Se Rimbaud fa corrispondere diversi colori ai suoni vocalici, e «come in fisica è avvenuta la scissione della parola», il fondatore dell’I.N.I. (Internazionale, per la sua estensione a livello mondiale; Novatrice, per le innovazioni che apporta; Infinitesimale, per l’ampiezza infinita di poetiche e filosofie), segna il passaggio «dal verso alla parola, dalla parola alla lettera, dalla lettera al fonema».

Bertozzi, oltremodo consapevole del potere innovativo insito nell’arte, cimentandosi nei settori artistici più diversi, e anticipando la realtà in “di-venire”,

«è la personificazione dell’I.N.I, l’artista che fotografa il nostro tempo e lo pone sul piano della realtà come immagine mentale, costruita come flash d’illuminazione, che si dissolve appena percepita. E com’è accaduto ai profeti di un tempo, in Bertozzi non solo la parola, ma l’intera produzione appare agli occhi dei contemporanei come quella di un veggente che ha perduto il lume della ragione e si affida a evanescenti allucinazioni che la notte genera.»

Ma cosa hanno in comune la Mail Art e l’Inismo? Niente, ma un niente – parafrasando Eugenio Montale – che forse è tutto. Già, perché se l’arte postale trova nel Futurismo un “aggancio alla sopravvivenza”, appropriandosi di taluni strumenti divulgativi, gli inisti agiscono al e con il fine di rimuovere le incrostazioni della tradizione, di abitudini ormai profondamente radicate nel tessuto individuale e sociale, rinvigorendo in siffatto modo le capacità e la creatività del singolo artista.

Il mondo dell’inismo, variegato e popoloso, si fa promotore di un nuovo modo di creare e di concepire l’opera d’arte:

«L’artista va oltre, oltre la poesia e l’arte di tutti i tempi, con immagini che hanno fatto la storia, reso celebri le nazioni e coronato il sapere, dimenticando che l’assoluto, inteso come atto primigenio, è anche oltre la fine, poiché tale è il suo essere.»

L’invito è, dulcis in fondo, di ritrovare il piacere di fare arte, di abbandonarsi alla creazione e renderla infinitesimale. Del resto, come sostengo nel mio saggio La gnoseologia di Marsilio Ficino. Conoscere attraverso la creatività dell’«imaginatio-phantasia», la vena creativa è indispensabile per sopravvivere al grigiore della routine quotidiana.

© Antonietta Florio

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